L’economia delle armi, il massacro delle pensioni

La Manovra Finanziaria 2026 non è un semplice esercizio contabile. È un manifesto politico che dichiara, senza mezzi termini, quali sono le priorità di questa nazione: i bilanci prima delle persone, l’austerità prima della dignità, e le armi prima del lavoro. Naturalmente il governo Meloni porta tutta la responsabilità politica e morale di questo ennesimo massacro sociale, ma le politiche di bilancio ossessionate dalle rigide direttive della speculazione finanziaria imposte da Bruxelles, sono in perfetta prosecuzione delle norme finanziarie fatte anche dai governi di centrosinistra, che tra le altre cose introdussero l’obbligo di pareggio del bilancio, in Costituzione. 
Siamo di fronte a un sistema che piega scientificamente ogni spazio sociale a una mera, e miope, questione economica. La promessa elettorale di “superare la Legge Fornero” si è rivelata una frode retorica. Questa Manovra non solo non la supera, ma la “rafforza” , arrivando persino a “peggiorarla”.   
La decisione di cancellare ogni forma di flessibilità in uscita è un atto di cinica crudeltà sociale. L’eliminazione “totale” di Quota 103 e di Opzione Donna non è un dettaglio tecnico: è una “scelta politica chiara” che colpisce con violenza milioni di lavoratori, in particolare le donne , e li ricaccia con forza nel sistema rigido e inesorabile dell’allungamento dell’età pensionabile.  
Ma questa ossessione per i conti, tradotta in realtà, non solo peggiora le condizioni di vita immediate, ma genera costi futuri enormi che il bilancio “reale” dovrà pagare. Costringere le persone a lavorare più a lungo, in un sistema di prevenzione fallimentare, significa alimentare una crisi sanitaria. I dati INAIL parlano chiaro: nei primi mesi del 2025 si è registrato un aumento allarmante (+9,9%) delle denunce di malattie professionali , con un’esplosione di patologie del sistema osteo-muscolare. Per i lavoratori over 55, l’aumento delle malattie registrate arriva al +56% per le donne e al +41% per gli uomini. Questo non è risparmio; è un trasferimento di costi sulla pelle dei cittadini e sul sistema sanitario.   
E mentre si allunga l’età lavorativa, si fa letteralmente carne da macello del diritto alla tutela per i lavori usuranti. La protezione per chi svolge mansioni logoranti è stata ridotta a una farsa contabile. La definizione di “lavoro gravoso” non è più una questione medica o di sicurezza, ma è subordinata alla copertura finanziaria. Il risultato? Una “tutela” simbolica, un’eccezione concessa a una “platea ristretta” di appena il 2% dei nuovi pensionati , con l’unico obiettivo di “contenere la spesa previdenziale”.  
Questo massacro sociale ha un doppio volto: mentre incatena i lavoratori anziani alle scrivanie e alle catene di montaggio, sbarra l’accesso al lavoro alle nuove generazioni, per le quali l’occupazione, come denuncia la CGIL , USB e i sindacati di base “si contrae ed è sempre più precaria”.   
La CGIL, e Sindacati di Base  hanno chiesto di “rinunciare all’insostenibile corsa al riarmo” che sottrae risorse vitali. Invece, si prosegue. Questa non è più politica economica. È una scelta etica di convertire l’economia in una “economia di guerra” , finanziando gli armamenti attraverso il taglio sistematico dei diritti di chi lavora e di chi, disperatamente, un lavoro lo cerca.