Raddoppiare l’acquedotto del Peschiera non è la soluzione, ma un problema per la crisi idrica

Pochi giorni fa è stato pubblicato il bando di gara per le opere di raddoppio dell’acquedotto  del Peschiera, proposto dalla multinazionale ACEA ATO 2 S.p.a. e dal Comune di Roma, e già approvato dalla regione Lazio nel 2022.

Il costo dell’opera previsto è di 1 miliardo e 449 milioni di euro, per una realizzazione che dovrebbe concludersi nel 2034. Il sindaco di Roma, Gualtieri, parla di messa in sicurezza idrica per la Capitale, ringraziando ACEA per l’esecuzione “di un intervento di cui la città ha bisogno”.

Ma è proprio un’opera necessaria? E soprattutto è questa la direzione che, in presenza del cambiamento climatico, è giusto prendere per affrontare un futuro di cui è ormai evidente l’andamento?

Dalle sorgenti del monte Nuria, situato tra le province di Rieti e l’Aquila, partirà una galleria parallela a quella esistente, che dovrebbe avere una portata d’acqua di 10 metri cubi al secondo, un’enormità garantita dalle sorgenti del Peschiera e del Capore, che alimentano però anche fiumi come i Velino e il Farfa. Questo enorme aumento della captazione mette a rischio anche l’ecosistema fluviale, che già vede per il Farfa una riduzione del flusso di acqua a causa dell’utilizzo da parte di ACEA. L’Ente Parchi Lazio segnala una minaccia, a seguito dell’opera, per la flora e la fauna presenti nell’area delle sorgenti e persino la Coldiretti esprime preoccupazioni per l’aumento della captazione. Gruppi ambientalisti inoltre mettono in evidenza la violazione di direttive europee sulla tutela dei corpi idrici.

Ovviamente non siamo contro la messa in sicurezza idrica per le popolazioni di Roma e del Lazio, non lo siamo talmente tanto che avremmo accolto volentieri la destinazione di quell’ ingente investimento per rimediare alla dispersione idrica che anche nell’area romana supera il 42%, cioè quasi la metà dell’acqua immessa nell’acquedotto alla fonte.

Per ACEA, ma anche per Gualtieri, questo non è un problema (oltretutto a seguito dell’operazione aumenterà anche il valore delle azioni della multinazionale), la sua soluzione non fornisce profitti, che sono la logica guida per tutte le Società per azioni, anche quando gestiscono un bene primario come l’acqua.

La battaglia per restituire al pubblico ciò che, come ribadito dal Referendum del 2011, non può che essere pubblico, disponibile per tutti/e, non si ferma qui è ancora possibile bloccare la realizzazione dell’opera. La disponibilità dell’acqua e la tutela ambientale sono strettamente legate, soprattutto per un futuro in cui la sostenibilità deve essere al centro dei nostri pensieri e delle nostre azioni.

Tratto da Visto da qui Visto da qui