di Eliana Ferrari e Stefano Grondona, Segretaria e segretario Rifondazione Comunista Emilia-Romagna
Razzismo sanitario. Non ci sono altre parole per descrivere le dichiarazioni del presidente De Pascale che propone lo stop alle cure dei pazienti da fuori Regione ricevendo, non a caso, il plauso della Lega. Questo linguaggio riecheggia quello della destra, la stessa che da anni alimenta l’egoismo regionale fino a condividere – insieme, guarda caso, al PD dell’Emilia-Romagna – la richiesta di autonomia differenziata.
Dichiarazioni, peraltro, prive di fondamento. I dati pubblicati sui principali quotidiani parlano chiaro: il saldo generato dalla mobilità sanitaria in Emilia-Romagna è positivo per 525 milioni di euro, il più alto d’Italia. Una cifra che, oltre all’indotto che genera, contribuisce a sostenere il bilancio della nostra sanità regionale. Denaro che, dalle altre regioni, arriva in Emilia-Romagna assieme ai pazienti. A queste risorse de Pascale vuole rinunciare?
La verità è che il regionalismo sanitario, introdotto con la famigerata riforma del titolo V della Costituzione, ha amplificato le diseguaglianze tra nord e sud, generando un sistema sanitario strutturalmente diseguale che offre risposte diverse da regione a regione. Anziché minacciare di non curare i pazienti di altre regioni, de Pascale dovrebbe aprire una riflessione sulla necessità di togliere la sanità dalle competenze regionali per garantire ad ogni cittadino e cittadina, anche all’interno delle stesse regioni, il diritto costituzionale alla salute.
La sensazione è che le parole di De Pascale servano solo a distogliere l’attenzione dai problemi della sanità emiliano-romagnola ereditati da Bonaccini, scaricando su fattori esterni responsabilità che hanno radici interne. Certo, il governo Meloni ha enormi colpe nel non coprire adeguatamente la spesa sanitaria, ma è altrettanto vero che il default della sanità regionale, evitato solo grazie all’aumento delle tasse deciso con l’ultima manovra di bilancio regionale, ha cause ben più profonde e interne al sistema sanitario regionale.
Da anni Rifondazione Comunista denuncia scelte strategiche sbagliate che hanno impoverito i territori periferici e, allo stesso tempo, fatto impennare i costi delle prestazioni sanitarie e ospedaliere, oltre a quelli per l’affitto a privati di posti letto. A ciò si aggiunge il progressivo sfaldamento del sistema sanitario pubblico a favore della sanità privata, che in Emilia-Romagna prospera grazie al meccanismo del privato accreditato, capace di drenare una quota sempre più consistente di risorse pubbliche.
Il risultato è un sistema che progressivamente espelle i cittadini dalle cure. Chi non può permettersi la sanità privata è costretto a sopportare tempi d’attesa inaccettabili o, peggio, a rinunciare del tutto alle cure. Oggi già un italiano su dieci rinuncia a curarsi: un dato drammatico a cui non si risponde alimentando la guerra fra poveri come fa De Pascale.
Invitiamo il presidente a riflettere sulle sue parole e a scusarsi pubblicamente. Non abbiamo bisogno di un presidente che scimmiotta la narrazione della destra e che, su un tema sensibile come la salute, alimenta la contrapposizione tra cittadini. Abbiamo bisogno di un presidente che difenda la sanità pubblica, universale e solidale, e che lavori per restituire alla salute la sua dimensione di diritto e di uguaglianza, non di privilegio territoriale.