Mancava un anno perché andasse in pensione, una notazione di quasi tutti i mezzi d’informazione per la morte di Octav Stroici, il muratore rumeno morto nel crollo della Torre dei Conti, a 66 anni e 7 mesi. Nessuno ha sottolineato che se non vi fosse stata la famigerata riforma pensionistica della Fornero, Stroici sarebbe già stato in pensione. Una riforma, che nonostante le promesse della Lega nelle campagne elettorali, continua a riprodursi allungando sempre più l’età pensionabile, per di più in assenza del riconoscimento dei lavori usuranti, come quello di un settore, non solo ad alto rischio d’infortunio, ma caratterizzato per di più da un ambiente di lavoro e prestazioni, che logorano anche i fisici più prestanti.
Il settore edile anche nel Lazio è quello caratterizzato dal maggior numero di incidenti mortali e invalidanti, che, come denuncia, la CGIL regionale riguardano per un quarto lavoratori non italiani, a fronte di una loro presenza di appena il 13%, molti di loro sono Romeni, il 3,8% degli occupati, ma il 12% di vittime, sottolinea il sindacato.
Stroici è stato palesemente la vittima di un sistema, non di una sorte avversa. Lavorava a una ristrutturazione pesante, che doveva trasformare una struttura medievale fatiscente in un polo museale, con annessa una caffetteria panoramica, un progetto, del programma “Caput Mundi” finanziato dai fondi Pnrr per grandi eventi turistici, al costo di 6,9 milioni di euro. Un progetto segnato dalla fretta per rientrare nei tempi previsti dal finanziamento.
Risorse finalizzate quindi all’implementazione del turismo in una città, già sovraccarica di turisti, che sviluppa il suo profilo economico tutto in quella direzione, con affitti brevi in crescita e costi per gli affitti alle stelle a scapito di lavoratori e lavoratrici sempre più costretti a trasferirsi in provincia e a entrare nel girone d’inferno del pendolarismo quotidiano.
Il sindaco Gualtieri e il ministro Giuli si sono precipitati sul luogo del crollo per assistere a una tragedia spettacolarizzata da dirette TV, che poteva e doveva essere evitata da quella cura progettuale e quei controlli sulla sicurezza, di cui sono responsabili in primis i committenti pubblici. Da questo punto di vista il lutto cittadino sembra quasi un’ammissione di colpa.