Ambiente e territorio in Emilia-Romagna al tempo del liberismo

Il neoliberismo è da tempo l’elemento che accomuna le politiche del nostro Paese e anche l’Emilia-Romagna, che per lungo tempo aveva rappresentato un’eccezione rispetto al resto della nazione, ha progressivamente aderito a questo modello, con una forte accelerazione durante i due mandati del presidente Bonaccini, il cui successore De Pascale ne rappresenta la continuitĂ . Oggi, l’Emilia-Romagna è completamente assimilata al resto del Paese anche per quanto riguarda la gestione delle politiche ambientali.

Il tema della riconversione ecologica ed energetica è del tutto assente dall’agenda della Regione Emilia-Romagna, che nel campo delle politiche ambientali e di gestione del territorio ha fatto parecchi passi indietro, in particolare nel decennio in cui la Regione è stata guidata dall’attuale presidente de Pd ed europarlamentare Stefano Bonaccini.

In Emilia-Romagna il territorio è visto non come un bene comune da tutelare ma sempre e solo come fonte di profitto. Lo dimostrano gli strumenti di programmazione adottati e le scelte operate negli ultimi anni.

La legge urbanistica regionale del 2017 ha portato l’Emilia-Romagna al terzo posto in Italia per consumo di suolo, con un incremento significativo di piattaforme logistiche e nuovi insediamenti su suoli agricoli. La provincia di Ravenna, già duramente colpita dalle alluvioni del 2023 e 2024, si è attestata come seconda in Italia per consumo di suolo nel biennio 2020-2021, mentre la città di Ravenna, quando era sindaco l’attuale presidente De Pascale, è stata il capoluogo con il maggior consumo di suolo nel 2022. Non solo, in Regione si consuma suolo nelle aree protette, nelle aree a pericolosità di frana, e nelle aree a pericolosità idraulica dove l’Emilia-Romagna è la prima Regione d’Italia per cementificazione in aree alluvionali. *

Il Piano Regionale dei Trasporti, che comprende il Passante di Bologna, l’Autostrada Cispadana, la Bretella Campogalliano-Sassuolo e la Ti-Bre, considera la mobilità come se fossimo negli anni ’60 del secolo scorso, perseguendo l’obiettivo di collegare Tirreno e Adriatico attraverso una vera e propria colata autostradale. Si tratta di un piano che interpreta un’idea di mobilità in chiave autocentrica, destinando poche attenzioni e risorse alla mobilità sostenibile basata sul trasporto merci su rotaia e sul trasporto pubblico, allontanando L’Emilia-Romagna dalle regioni europee più moderne. L’attuale piano, approvato nel 2021 e con scadenza nel 2025, ha una visione di breve respiro e utile solo a confermare opere insostenibili e contestate dalle comunità.

Il piano dei rifiuti non mette in discussione gli inceneritori e continua a rilasciare autorizzazioni per discariche di rifiuti speciali al servizio del business di Hera che attirano rifiuti da tutta Italia. E non affronta il nodo delle grandi multiutility, cresciute spostando l’obiettivo delle ex aziende municipalizzate dalla gestione di un servizio pubblico per la collettività alla realizzazione di utili per gli azionisti. Rimanendo nel campo della gestione dei beni comuni, ricordo la proroga-regalo alle multiutility con cui la giunta Bonaccini ha rinnovato fino al 2027 la concessione del servizio idrico in diverse provincie della nostra Regione.

Inoltre, l’omissione della Regione Emilia-Romagna rispetto al recente ddl nazionale sull’attivazione dell’energia nucleare rappresenta un grave errore di valutazione. La decisione di mantenere un atteggiamento di indifferenza o di sostegno passivo al nucleare, invece di ricercare percorsi verso un’energetica sostenibile e rinnovabile, tradisce le esigenze di tutela ambientale e di sicurezza delle comunità.

Ho riportato queste scelte politiche, e altre ce ne sarebbero da commentare, in particolare nel settore dell’agrivoltaico e degli allevamenti intensivi, per sottolineare l’arretratezza nella gestione dei beni comuni e della crisi climatica. Una arretratezza a cui Legambiente e Rete per l’Emergenza Climatica e Ambientale hanno risposto con quattro proposte di Legge di Iniziativa Popolare, che Rifondazione Comunista ha sostenuto attivamente, e che sono ferme nei cassetti della Regione, assieme alle firme a sostegno della Legge di Iniziativa Popolare contro ogni autonomia differenziata. Migliaia di cittadine e cittadini hanno sottoscritto proposte di legge a cui l’Assemblea legislativa è tenuta a dare una risposta. Non discuterle è un comportamento antidemocratico che lede gli stessi strumenti di partecipazione previsti dallo Statuto regionale. Questa pessima pratica che ha caratterizzato la giunta Bonaccini sarebbe bene non continuasse anche con De Pascale.

Di fronte a questa fotografia è fondamentale sottolineare quanto sia indispensabile per Rifondazione Comunista costruire un’alternativa politica e culturale a queste scelte, spesso condivise anche dalla destra, smascherando la logica del profitto che le alimenta.

Solo un progetto politico che ponga al centro la tutela dei beni comuni e dell’ambiente e ne favorisca la convergenza con le lotte per i diritti dei lavoratori, dei migranti e la difesa del welfare può invertire questa deriva. Solo così si potrà uscire da questa spirale di scelte sbagliate e approdare a una prospettiva di giustizia ambientale e sociale.

*https://altreconomia.it/lalluvione-in-emilia-romagna-le-lacrime-di-coccodrillo-sopra-un-consumo-di-suolo-senza-argine/