Il 19 febbraio scorso l’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna ha approvato una risoluzione, proposta dalle forze di maggioranza, con la quale impegna la Giunta a “manifestare formalmente il venir meno del consenso della Regione E-R alla prosecuzione di qualunque procedimento attuativo dell’art.116 c. 3 Cost.” e “a comunicare formalmente al Governo la volontà di revocare il proprio consenso all’accordo preliminare in merito all’intesa tra il Governo della Repubblica italiana e le regioni Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia del 28 febbraio 2018”. È esattamente quello che avevano chiesto i/le 3000 sottoscrittori/ici in una petizione popolare del 2020 – arbitrariamente mai discussa – e i/le 6000 sottoscrittori/ici di una proposta di legge regionale di iniziativa popolare del 2023, che chiedeva alla regione di recedere dalle preintese firmate dal presidente Bonaccini con il governo Gentiloni nel 2018, che istituzionalizzarono la richiesta dell’ER di ben 16 delle 23 materie disponibili alla potestà legislativa esclusiva regionale; iniziative promosse entrambe dal Comitato emiliano-romagnolo Per il Ritiro di ogni Autonomia Differenziata. Il presidente De Pascale, a differenza del suo predecessore, anche dopo questo importantissimo passo indietro, ha continuato a dimostrarsi sensibile all’interlocuzione con i Comitati per quanto riguarda il progetto di Ad nel futuro di quella regione.
Questo evento ha dimostrato chiaramente che, attraverso un lavoro inesausto e appassionato di formazione, informazione, vigilanza e mobilitazione – in continuità con il percorso che i Comitati per il Ritiro di ogni autonomia differenziata hanno inaugurato più di sei anni fa, e nonostante la bocciatura del quesito referendario – il contrasto al disegno eversivo deve continuare. Dobbiamo far sì che altre Regioni che hanno intrapreso o intendano intraprendere iniziative volte ad acquisire autonomia differenziata abbiano la capacità di ripensare il percorso – i cui limiti sono stati chiaramente inquadrati nelle dichiarazioni della regione Emilia Romagna – interrompendolo, e contribuendo a liquidare definitivamente un’idea di regionalismo egoista, rapace, appropriativo, sordo ai principi di uguaglianza e solidarietà e alla garanzia per tutti/e, e in egual misura, dei diritti sociali e civili. Il Lazio è capofila della nuova tornata di petizioni ai presidenti delle regioni a statuto ordinario, seguito da Lombardia, Campania e Piemonte. Iniziative si stanno preparando nelle regioni ove si terranno le elezioni. L’approvazione del ddl al governo di Calderoli in consiglio dei ministri e – notizia di questi ultimissimi giorni – il via libera da parte dello stesso consiglio dei ministri del disegno di legge costituzionale per Roma Capitale, che – rivedendo l’art. 114 della Costituzione – consentirà a Roma di legiferare a tutti gli effetti nelle materie di trasporto pubblico locale; polizia amministrativa locale; governo del territorio; commercio; valorizzazione dei beni culturali e ambientali; promozione e organizzazione di attività culturali; turismo; artigianato; servizi e politiche sociali; edilizia residenziale pubblica; organizzazione amministrativa, secondo quanto scritto nella bozza del ddl costituzionale per i poteri di Roma Capitale, rappresentano un attacco senza precedenti, a dispetto anche della sentenza 192/24 della Corte Costituzionale. È più importante che mai non assecondare il silenzio che circonda il tema, e dedicarsi con costanza e convinzione alla raccolta firme sulle petizioni; per far sentire ai sedicenti governatori la voce del popolo che dice no all’istituzionalizzazione di diritti differenti sulla base del certificato di residenza. Firma e fai firmare la petizione popolare per diffidare il presidente Rocca dall’intraprendere qualsiasi iniziativa in direzione dell’a.d.
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