Criticità, privatizzazione e l’urgente necessità di un cambio di rotta radicale
La sanità pubblica in Liguria, un tempo fiore all’occhiello del welfare regionale, si trova oggi ad affrontare una crisi profonda e strutturale che ne mina le fondamenta stesse. Lungi dall’essere un sistema efficiente e accessibile a tutti, come vorrebbe la narrazione ufficiale, la sanità ligure mostra crepe sempre più ampie, frutto di anni di sottofinanziamento, scelte politiche discutibili e una deriva privatizzatrice che sembra inarrestabile. Questa analisi impietosa, basata su dati concreti e testimonianze dirette, vuole gettare luce sulle zone d’ombra di un sistema che rischia di non garantire più il diritto costituzionale alla salute per tutti i cittadini liguri.
Carenze Strutturali: Un Sistema Asfittico
Partiamo dalle fondamenta: il sistema sanitario ligure è afflitto da carenze strutturali che si manifestano in diversi ambiti. La prima e più evidente è la cronica insufficienza di personale. Medici, specialisti, infermieri, operatori socio-sanitari: mancano figure essenziali in tutti i reparti e a tutti i livelli. Questa carenza non è un fenomeno passeggero, ma una tendenza di lungo periodo, aggravata dal mancato turn-over generazionale, dai bassi salari, dalle condizioni di lavoro spesso insostenibili e da una progressiva fuga verso il privato o verso altre regioni. Le statistiche parlano chiaro: i bandi per nuove assunzioni vanno spesso deserti, i giovani medici preferiscono altre specializzazioni o altri contesti lavorativi, e i professionisti esperti, demotivati e logorati, abbandonano il servizio pubblico o vanno in pensione senza essere adeguatamente sostituiti.
Questa emorragia di competenze e professionalità si traduce in un sovraccarico di lavoro per il personale restante, turni massacranti, stress elevato, rischio di burnout e, inevitabilmente, un impatto negativo sulla qualità delle cure e sull’attenzione al paziente. Le corsie degli ospedali sono spesso sotto organico, i pronto soccorso al collasso, i reparti specialistici in affanno. Questa situazione non è solo insostenibile per chi lavora nel sistema sanitario, ma mette a rischio la salute e la sicurezza dei cittadini.
Un’altra carenza strutturale riguarda le infrastrutture. Molti ospedali liguri, soprattutto quelli situati nelle aree più periferiche, sono obsoleti, inadeguati, bisognosi di ristrutturazioni urgenti e di ammodernamento tecnologico. Le apparecchiature diagnostiche sono spesso insufficienti o datate, le sale operatorie non sempre rispondono agli standard più moderni, e gli ambienti ospedalieri non sempre garantiscono il comfort e la dignità dei pazienti. Questa vetustà delle strutture non solo incide sulla qualità delle cure, ma rende anche meno attrattivo il lavoro nel servizio sanitario pubblico, alimentando ulteriormente la fuga di personale.
Privatizzazione Strisciante e Intramenia: Un Cortocircuito Etico
Se le carenze strutturali rappresentano il substrato problematico, la vera metastasi che sta corrodendo la sanità pubblica ligure è la privatizzazione strisciante. Un processo subdolo e inesorabile che si manifesta in diverse forme, ma che ha un unico obiettivo: dirottare risorse pubbliche verso il settore privato, erodendo progressivamente il ruolo e la funzione del servizio sanitario nazionale.
Il caso emblematico è rappresentato dall’intramenia, la libera professione intramuraria, un istituto nato con l’intento di consentire ai medici di arrotondare i propri stipendi e di offrire ai pazienti la possibilità di scegliere il proprio medico di fiducia anche nel contesto pubblico. Nella realtà dei fatti, l’intramenia è diventata uno strumento per drenare risorse dal pubblico al privato, creando un sistema sanitario a due velocità.
Come funziona il meccanismo perverso? I medici che esercitano l’intramenia, pur utilizzando le strutture e le risorse pubbliche (ambulatori, sale operatorie, personale infermieristico pagato con fondi pubblici), fatturano le prestazioni privatamente, incassando onorari significativamente più alti rispetto alle prestazioni erogate in regime istituzionale. Questo non solo crea una disparità di trattamento tra i pazienti, con chi può permettersi di pagare l’intramenia che accede a visite e interventi in tempi rapidi e con medici di fama, mentre chi si affida al sistema pubblico deve affrontare liste d’attesa bibliche e rischia di essere curato da medici meno esperti o demotivati, ma alimenta anche le liste d’attesa stesse.
Infatti, non è raro che i medici utilizzino l’intramenia per “pilotare” le liste d’attesa, dirottando i pazienti più abbienti verso il privato e lasciando nel limbo del pubblico chi non può permettersi di pagare. Questo cortocircuito etico è inaccettabile in un sistema sanitario che dovrebbe basarsi sui principi di universalità e uguaglianza. L’intramenia, da strumento di integrazione, si è trasformata in un motore di privatizzazione, incentivando i medici a privilegiare l’attività privata a discapito di quella pubblica, e minando la fiducia dei cittadini nel servizio sanitario nazionale.
Il Ricorso Forzato al Privato e il Dirottamento dei Fondi Pubblici
La conseguenza diretta di questa deriva privatizzatrice è il ricorso sempre più frequente al sistema privato da parte dei cittadini liguri per poter esercitare il proprio diritto alla salute. Di fronte a liste d’attesa insopportabili, alla difficoltà di accedere a prestazioni specialistiche nel pubblico, alla carenza di medici di base in alcune aree, sempre più persone si vedono costrette a rivolgersi a strutture private, spesso convenzionate con il sistema sanitario nazionale.
Questo fenomeno, apparentemente innocuo, nasconde in realtà un pericoloso trasferimento di risorse pubbliche verso il privato. La spesa sanitaria pubblica, anziché essere investita nel rafforzamento e nel potenziamento del servizio sanitario nazionale, viene dirottata verso il privato convenzionato attraverso i rimborsi per le prestazioni erogate. In questo modo, si finanzia indirettamente un sistema privato che si arricchisce grazie ai fondi pubblici, mentre il sistema pubblico si impoverisce ulteriormente, alimentando un circolo vizioso che ne mina la sostenibilità e l’efficacia.
Le cifre sono eloquenti: la spesa sanitaria privata in Liguria è in costante aumento, mentre gli investimenti nel settore pubblico ristagnano o addirittura diminuiscono in termini reali. Questo squilibrio è insostenibile e mette a rischio il futuro stesso del servizio sanitario nazionale. Si assiste a una progressiva erosione del sistema pubblico a favore di un sistema privato sempre più florido, finanziato indirettamente dalle tasche dei cittadini contribuenti.
Crisi del Personale: Un Esercito in Disfatta
La crisi del personale medico, specialistico e infermieristico è una bomba a orologeria che sta per esplodere nel sistema sanitario ligure. Come già accennato, la carenza di professionisti sanitari è strutturale e destinata ad aggravarsi nei prossimi anni a causa del pensionamento di una generazione di medici e infermieri e della scarsa attrattività del servizio pubblico per i giovani.
Le proiezioni demografiche sono allarmanti: nei prossimi anni, un numero significativo di medici e infermieri andrà in pensione, senza che ci sia un adeguato ricambio generazionale. I giovani medici preferiscono specializzazioni più remunerative e meno stressanti, mentre i giovani infermieri spesso emigrano all’estero o verso il settore privato, attratti da salari più alti e migliori condizioni di lavoro.
Questa emorragia di risorse umane avrà conseguenze devastanti sul sistema sanitario ligure. Si assisterà a una riduzione ulteriore dell’offerta di servizi, a un aumento delle liste d’attesa, a un peggioramento della qualità delle cure e a un sovraccarico di lavoro ancora maggiore per il personale restante. Il rischio concreto è il collasso del sistema, con la chiusura di reparti, la soppressione di servizi essenziali e una crescente difficoltà per i cittadini ad accedere alle cure necessarie.
Medicina Territoriale Inesistente e Rete d’Emergenza al Limite
La medicina territoriale, pilastro fondamentale di un sistema sanitario moderno ed efficiente, è in Liguria un fantasma. Le promesse di “Case della Salute” e di una medicina di prossimità capace di alleggerire la pressione sugli ospedali e di garantire una presa in carico globale dei pazienti sul territorio sono rimaste in gran parte lettera morta.
Le Case di Comunità, previste dalla riforma della sanità territoriale, sono poche, spesso costruite in fretta e furia senza un’adeguata pianificazione, e soprattutto vuote, prive del personale medico, infermieristico e amministrativo necessario per farle funzionare a pieno regime. Si tratta di scatole vuote, inutili cattedrali nel deserto, che non rispondono minimamente alle esigenze di un territorio ligure vasto, complesso e spesso impervio, soprattutto nelle aree interne e montane.
La rete dei medici di famiglia, così com’è strutturata, non è in grado di svolgere un ruolo di filtro e di controllo del territorio efficace. Molti medici di base sono sovraccarichi di pazienti, con studi medici spesso inadeguati e privi di personale di supporto. La medicina di gruppo è ancora un’eccezione, e la collaborazione tra medici di base e specialisti ospedalieri è spesso carente. Il risultato è una medicina territoriale frammentata, disorganizzata, incapace di rispondere adeguatamente ai bisogni di salute della popolazione, soprattutto nelle aree più disagiate.
La rete di emergenza-urgenza ligure è anch’essa al limite del collasso. Con soli due DEA di secondo livello (Dipartimenti di Emergenza e Accettazione) in tutta la regione, la Liguria è una delle regioni italiane con la minore dotazione di strutture di alta complessità per la gestione delle emergenze. Questa carenza si traduce in tempi di attesa in pronto soccorso inaccettabili, ambulanze spesso bloccate per ore in attesa di poter scaricare i pazienti, e un sovraccarico enorme per i pochi DEA esistenti. Nelle aree più periferiche, l’accesso all’emergenza-urgenza è ancora più problematico, con tempi di intervento lunghi e difficoltà a raggiungere rapidamente le strutture ospedaliere attrezzate.
Un Cambio di Rotta Radicale e Urgente
Di fronte a questo quadro desolante, non ci sono alternative: è necessario un cambio di rotta radicale e urgente. Non si tratta di fare piccoli aggiustamenti o interventi cosmetici, ma di ripensare integralmente il sistema sanitario ligure, invertendo la rotta rispetto alla deriva privatizzatrice e investendo massicciamente nel servizio sanitario pubblico.
La priorità assoluta è un forte investimento pubblico, sia in termini di risorse finanziarie che di capitale umano. Occorre aumentare significativamente i finanziamenti per la sanità pubblica, destinando queste risorse al potenziamento delle strutture esistenti, alla costruzione di nuove infrastrutture moderne ed efficienti, all’acquisto di tecnologie all’avanguardia e, soprattutto, all’assunzione massiccia di personale medico, specialistico e infermieristico.
È necessario rendere attrattivo il lavoro nel servizio sanitario pubblico, attraverso politiche retributive adeguate, migliori condizioni di lavoro, percorsi di carriera incentivanti e un ambiente lavorativo più sereno e valorizzante. Occorre investire nella formazione e nell’aggiornamento professionale, creare sinergie tra università e ospedali, e promuovere la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica nel settore sanitario pubblico.
Parallelamente, è fondamentale fermare la deriva privatizzatrice e mettere fine alle pratiche che favoriscono il trasferimento di risorse pubbliche verso il privato. Occorre rivedere integralmente l’istituto dell’intramenia, limitandone drasticamente l’ambito di applicazione e rafforzando i controlli per evitare abusi e distorsioni. Occorre regolamentare in modo più stringente il rapporto tra pubblico e privato convenzionato, evitando che il privato si arricchisca a spese del sistema pubblico.
È necessario rilanciare la medicina territoriale, investendo massicciamente nelle Case di Comunità, dotandole di personale adeguato e di servizi efficienti, e rafforzando la rete dei medici di famiglia, incentivando la medicina di gruppo e la collaborazione con gli specialisti ospedalieri. Occorre potenziare la rete di emergenza-urgenza, aumentando il numero di DEA di secondo livello e garantendo tempi di intervento rapidi ed efficaci in tutto il territorio regionale.
In conclusione, la sanità pubblica ligure è gravemente malata, ma non ancora terminale. C’è ancora tempo per invertire la rotta e per salvare un sistema che rappresenta un patrimonio fondamentale per la collettività. Ma per farlo, è necessario un cambiamento di mentalità radicale, un impegno politico forte e coraggioso, e un investimento massiccio di risorse pubbliche. Senza un’azione decisa e tempestiva, la sanità pubblica ligure rischia di implodere, lasciando i cittadini più fragili e vulnerabili in balia di un sistema sanitario sempre più privatizzato, inefficiente e iniquo. La scelta è nelle mani della politica, ma il tempo stringe e la posta in gioco è altissima: il diritto alla salute di tutti i cittadini liguri.