I primi segnali lanciati dal ministro della Salute Orazio Schillaci, così come descritte in una intervista alla Stampa del 17 novembre 2025, e le iniziative regionali come quelle del Piemonte, rivelano una preoccupante debolezza strategica, incapace di affrontare le crisi strutturali del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e di invertire il preoccupante declino della sanità pubblica.
La sua visione appare centrata su interventi tampone e miraggi ideologici, anziché su una riforma radicale e sistemica che ponga al centro la dignità del paziente e la sostenibilità del sistema.
L’ intramoenia come problema, non come diritto
Un primo esempio di questa deriva è il trattamento superficiale del problema delle liste d’attesa. Il ministro Schillaci ha espresso l’intenzione di contrastare l’uso dell’intramoenia per aggirare le code, ma la sua retorica sembra più un tentativo di placare le masse che un piano concreto. L’intramoenia, nata per iniziativa della ministra Bindi, ha istituito un sistema parallelo che dà risposte solo a chi può permetterselo. Invece di affrontarne le radici, come la carenza di personale e i turni massacranti, si preferisce un approccio che, nel migliore dei casi, è un palliativo. Le iniziative regionali piemontesi di estendere l’orario delle visite ambulatoriali a sera e nei festivi sono l’emblema di questa logica fallace. L’idea che un medico già sotto pressione, e potenzialmente poco riposato, possa garantire la stessa qualità di cura in orari improbabili è a dir poco ingenua e rischia di compromettere la salute dei pazienti stessi. La soluzione non è spremere ulteriormente il personale, ma investire in nuove assunzioni e in una riorganizzazione efficiente del lavoro. L’ intramoenia è stata stabilita per legge, non è un diritto naturale, può e deve essere cancellata con altro provvedimento normativo.
Case della comunità: gusci vuoti per carenza di personale
La retorica sul potenziamento dell’assistenza territoriale, promossa dal PNRR e sostenuta dal ministro Schillaci, si scontra con la cruda realtà della carenza di personale. Le nuove “Case della Comunità” rischiano di trasformarsi in splendide scatole vuote, prive di medici, infermieri e specialisti in numero adeguato. Mentre Schillaci annuncia la loro prossima apertura entro il 2026, si limita a rassicurazioni generiche sulla collaborazione con i medici di famiglia, senza presentare un piano credibile per l’assunzione di personale dedicato. Questo approccio non risolve, ma aggrava il problema, creando false aspettative e sperperando risorse che potrebbero essere impiegate per rafforzare le strutture esistenti e remunerare adeguatamente chi lavora nel sistema. L’assenza di un piano per attirare e trattenere i professionisti sanitari, un problema evidenziato anche dal Piemonte, getta una pesante ombra sul futuro di queste strutture.
Non autosufficienza: un diritto negato, soprattutto in Piemonte
La situazione dei non autosufficienti è un altro punto dolente che evidenzia l’inerzia ministeriale e regionale. Nonostante l’importanza del contributo sanitario, troppe volte questo sostegno viene negato o ritardato, specialmente in Piemonte, dove i caregiver sono lasciati a sé stessi a sostenere, tra l’altro, costi enormi. Schillaci fa finta di non capire, ma sa benissimo che il tema non è quello che le persone fanno confusione su quali anziani hanno diritto al contributo sanitario previsto per legge.
Il nuovo Piano socio-sanitario piemontese non offre risposte strutturali e consolida un approccio che non riconosce il ruolo cruciale dei caregiver e la loro esigenza di supporto. Questa inerzia si traduce in un ulteriore carico sulle famiglie, dove i componenti arrivano a rinunciare al lavoro per assistere i propri cari. La mancata garanzia del contributo sanitario per i non autosufficienti, che si aggiunge a un sistema di assistenza domiciliare deficitario, è un fallimento etico e sociale che il ministro Schillaci e le regioni non sembrano voler affrontare con la dovuta risolutezza.
La miopia piemontese sulle liste d’attesa
La gestione delle liste d’attesa in Piemonte è un esempio paradigmatico di come si affronta un problema complesso con soluzioni miopi. L’annuncio di visite serali e festive, pur con l’intenzione di ridurre i tempi, ignora le dinamiche strutturali che generano il problema. In Piemonte, come in altre regioni, manca, tra l’altro, un vero governo della domanda e una medicina di iniziativa. Non si agisce sulla prevenzione e sulla gestione proattiva delle malattie croniche, che intasano le liste d’attesa con casi evitabili o gestibili diversamente. Inoltre, l’incapacità di governare l’offerta, legata a carenza di personale, insufficiente disponibilità di attrezzature e inefficienze organizzative, rende inefficace qualsiasi sforzo tampone. In questo contesto, le soluzioni a effetto come le visite serali sono puro fumo negli occhi che rischia di logorare ulteriormente il personale medico senza risolvere la radice del problema.
In sintesi, le politiche del ministro Schillaci e le loro declinazioni regionali, come in Piemonte, mostrano una preoccupante mancanza di coraggio e visione. Le risposte superficiali su intramoenia, l’illusione delle Case della Comunità, il fallimento nell’assistenza ai non autosufficienti e gli esperimenti sulle liste d’attesa sono sintomi di un approccio che si limita a gestire l’emergenza, senza affrontare le cause profonde della crisi del SSN. È un approccio che, invece di difendere il diritto alla salute per tutti, rischia di indebolire ulteriormente la sanità pubblica a vantaggio di un sistema misto sempre più orientato al privato. Un privato, magari quello dei fondi finanziari sempre più aggressivi e unghiuti, che – ha concluso Deambrogio – non vede l’ ora di raccogliere a piene mani tutto ciò che il pubblico dismetterà, anche perché orientato a investire in sistemi d’ arma più che in salute.
Alberto Deambrogio, Segretario regionale PRC Piemonte e Val d’Aosta