“Stop alle complicità delle istituzioni piemontesi con il genocidio palestinese” – Intervista ad Alessandra De Rossi

Intervista ad Alessandra De Rossi a cura di Alberto Deambrogio. De Rossi, attivista e docente universitaria presso l’Università di Torino, interviene sulla manifestazione regionale che si terrà il 20 settembre a Torino per fermare la complicità delle istituzioni piemontesi con il genocidio palestinese

Domanda: tu hai lavorato alla piattaforma che sta alla base della manifestazione. Puoi fare emergere i tratti salienti del positivo intreccio tra movimenti e formazioni politiche che hanno portato a questo appuntamento dopo mesi di lavoro continuo sui territori?

De Rossi: nell’autunno/inverno del 2023, a seguito dell’aggressione delle forze di occupazione militare israeliane a Gaza, sono nati molti coordinamenti e comitati cittadini e territoriali spontanei che hanno aggregato forze politiche e sindacali, associazioni della società civile, culturali e sociali. Un mondo molto variegato e con scopi diversi si è trovato ad unirsi ed interagire con l’unico intento di difendere e sostenere la popolazione di Gaza aggredita. I coordinamenti e comitati territoriali hanno organizzato mobilitazioni, presidi e manifestazioni. La situazione è talmente grave però ora che si è pensato di organizzare qualcosa di più ampio, anche per chiedere una presa di posizione al consiglio regionale del Piemonte, dopo la mozione votata e passata al consiglio comunale di Torino, che ha visto protagonista il Comitato Torino per Gaza con pressioni crescenti su partiti e singoli consiglieri. E’ indubbio che le organizzazioni politiche e sindacali abbiano dato un contributo importante nella creazione di un Coordinamento regionale e di una piattaforma condivisa, proprio perché si tratta di organizzazioni in generale distribuite e radicate sui territori, con una loro rete di connessioni e interazioni. Penso che questo sia l’apporto maggiore che una organizzazione politica possa dare, un contributo in termini di presenza, sostegno, coordinamento. Aggiungo che personalmente ritengo anche essenziale una lettura politica e sociale di quanto sta accadendo nel mondo ad un livello internazionale e, nello specifico in questo caso, a Gaza e nei territori occupati della Cisgiordania.

Domanda.: quali sono secondo te le azioni che le istituzioni piemontesi possono mettere in campo per spezzare il rapporto complice con Israele e i suoi alleati per porre fine al genocidio palestinese?

De Rossi: credo che le istituzioni piemontesi possano fare molto per rompere ogni complicità con Israele e i suoi alleati. Prima di tutto serve una condanna chiara e ferma dei crimini di guerra e delle violazioni dei diritti umani che si stanno consumando contro la popolazione palestinese: bombardamenti, fame, mancanza di acqua e cure sono diventati strumenti deliberati di annientamento. Occorre sostenere con forza le richieste di cessate il fuoco e garantire che gli aiuti umanitari possano entrare liberamente a Gaza. Ma non basta. È necessario interrompere gli accordi di cooperazione economica, accademica e commerciale con Israele, compresi quelli siglati negli ultimi anni dal Piemonte con enti e startup israeliane. Allo stesso tempo, la Regione dovrebbe farsi promotrice di un embargo militare: bloccare l’export e l’import di armi e tecnologie belliche e chiedere all’Unione Europea di adottare sanzioni verso Israele e i coloni responsabili di violenze in Cisgiordania. Anche società a controllo pubblico vanno fermate quando fanno affari che finanziano il genocidio. In sintesi, servono scelte coraggiose: interrompere ogni forma di collaborazione, isolare economicamente e diplomaticamente Israele e stare dalla parte del diritto internazionale e della dignità del popolo palestinese.

Domanda: Quale è secondo te lo specifico apporto a queste lotte che può arrivare dal mondo universitario di cui tu fai parte?

De Rossi: il mondo universitario ha una responsabilità particolare in queste lotte. L’università non è solo un luogo di formazione e ricerca, ma anche di elaborazione critica e di costruzione di coscienza civile. Significa prima di tutto rompere il silenzio: chiamare le cose con il loro nome, riconoscere il genocidio in corso e denunciare la complicità delle istituzioni e delle aziende che collaborano con Israele. Le università possono dare un contributo concreto interrompendo gli accordi di cooperazione scientifica, tecnologica e commerciale con atenei e centri di ricerca israeliani, che spesso sono direttamente legati all’industria bellica e alla repressione. Allo stesso tempo, possono aprire spazi di dibattito, studio e ricerca critica che permettano agli studenti e alla cittadinanza di conoscere la realtà dei crimini commessi e di sviluppare strumenti per contrastarli. Infine, il mondo universitario può essere un ponte per la solidarietà: costruire rapporti con studenti e ricercatori palestinesi, sostenere chi è sotto occupazione, dare voce a chi non ce l’ha Ed è giusto ricordare e sostenere anche gli intellettuali e i docenti israeliani che, con grande coraggio, si oppongono al genocidio e alle politiche del loro governo. In questo senso l’università può diventare non solo un luogo di sapere, ma anche di resistenza e di impegno civile.