di Gustavo Villapol
Il Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) si sta preparando per una nuova tappa della Rivoluzione Bolivariana. Dopo una serie di vittorie elettorali che confermano il suo status di forza egemonica nel paese, la convocazione della plenaria straordinaria del suo Congresso non è un processo burocratico, ma una pietra politica miliare: aprire la strada alla trasformazione del partito in un’organizzazione comunitaria, capace di difendere la sovranità non solo in campo elettorale, ma anche culturale, comunicativo e, se richiesto, anche militare.
Questo non è un semplice riarrangiamento organico. Il PSUV assume la sfida di riorganizzare il suo apparato di comunicazione in un mondo in cui la politica non è più solo in piazze, parlamenti o trincee fisiche, ma su piattaforme digitali, nel terreno invisibile degli algoritmi e nella battaglia cognitiva per il senso comune globale.
Come ha sottolineato il comandante Hugo Chávez, «non c’è propaganda migliore della completa integrazione della militanza del partito con le masse popolari». E il presidente Nicolás Maduro è andato oltre: «un partito che si organizza, si forma, si mobilita, ma non comunica, non esiste». In questa ottica, la proposta oggi in discussione propone di compiere il salto da un partito che comunica a un Grande Ecosistema di Comunicazione Rivoluzionaria.
Un nuovo campo di battaglia: la guerra cognitiva
Il XXI secolo ha dato vita a uno scenario inedito: la geopolitica digitale. Le potenze non si contendono più solo territori o rotte commerciali, ma anche il controllo di tre risorse strategiche: l’infrastruttura di Internet, le menti umane e i dati.
Le guerre attuali si combattono sui social network, sui server che memorizzano le informazioni, sui cavi sottomarini che trasmettono il 99% del traffico globale e sui satelliti che orbitano intorno alla Terra. Le armi non sono più solo fucili e missili, ma algoritmi in grado di manipolare le emozioni, frammentare le comunità e destabilizzare interi governi.
Il Venezuela l’ha vissuto sulla propria pelle: dall’attacco hacker alle piattaforme del Consiglio Nazionale Elettorale durante le elezioni del 2024, alle campagne di odio che cercano di seminare sfiducia e disperazione nella popolazione. È l’espressione concreta di quella che la stessa NATO ha definito “guerra cognitiva”, un tipo di conflitto che non bombarda le città, ma le menti delle persone.
Il metodo storico e l’innovazione tecnologica
In questo scenario, il PSUV non parte da zero. Nel corso degli anni ha accumulato esperienze e vittorie comunicative grazie al metodo Calles, Redes, Medios, Paredes y Radio Bemba (Strade, Reti, Media, Muri e Radio Bemba), sviluppato da Nicolás Maduro.
Questo metodo riconosce l’importanza del contatto diretto con il popolo (strade), la potenza delle piattaforme digitali (reti), la profondità dell’informazione (media), la creatività nello spazio pubblico (muri) e la fiducia nella comunicazione interpersonale (radio bemba).
La sfida ora è integrare questa tradizione con le tecnologie emergenti: intelligenza artificiale, big data (macrodati), analitica delle reti digitali, piattaforme proprie e sovrane. Non si tratta di sostituire il classico con il moderno, ma di fondere entrambe le dimensioni in un sistema organico, in grado di rispondere alla guerra mediatica globale e di mobilitare il popolo su qualsiasi terreno.
La comunicazione come dottrina di difesa integrale
La sessione plenaria straordinaria del Congresso del PSUV si inserisce in quello che il presidente Maduro ha definito la Terza Trasformazione: Sicurezza Civile e Difesa, Unità e Integrità Territoriale.
Ciò implica che la comunicazione smetta di essere vista come un accessorio per diventare parte integrante della dottrina di difesa integrale della Nazione. La Dottrina Militare Bolivariana della Guerra di Tutto il Popolo deve essere integrata da una Dottrina Comunicativa Bolivariana di Tutto il Popolo: ogni militante, ogni comuna e ogni brigata deve essere un nodo nella rete di difesa della sovranità simbolica e culturale del Venezuela.
In un Paese sottoposto a un blocco, assediato e costantemente minacciato dall’imperialismo statunitense, comunicare non significa solo informare: significa difendere la patria, costruire coscienza, mobilitare forze.
L’orizzonte comunale
La costruzione dello Stato Comunale richiede anche una nuova comunicazione. Non basta che il PSUV sia una macchina elettorale efficiente; deve essere, soprattutto, un partito che organizza, forma, mobilita e comunica dalla base.
I circuiti comunali, i quadranti di pace e le comunas devono diventare spazi di produzione di contenuti, di circolazione di idee e di resistenza simbolica. Le Brigate di Agitazione, Propaganda e Comunicazione (APC) devono trasformarsi in vere e proprie produttrici popolari di contenuti, creative, moderne e segmentate.
Questo è il modo per conquistare le nuove generazioni, per contendere l’egemonia culturale e per garantire che la voce della Rivoluzione Bolivariana non venga messa a tacere, né nelle strade di Caracas, né nei social network di tutto il mondo.
Seminare comunicazione, raccogliere sovranità
Il Grande Ecosistema Comunicativo del PSUV non è un lusso, né una scelta tattica, né un semplice piano propagandistico. È una necessità strategica, politica e filosofica.
Perché comunicare è governare. Comunicare è resistere. Comunicare è, in ultima analisi, esistere.
Come diceva il Comandante Chávez, la Rivoluzione o è culturale o non è nulla. Oggi, nel mezzo di una guerra globale per le menti e i dati, quella frase acquista un’assoluta attualità.
Il Congresso straordinario del PSUV ha il compito di seminare un ecosistema comunicativo all’altezza dei nuovi tempi. Da quel seme dipenderà il raccolto di sovranità, pace e socialismo negli anni a venire.
Traduzione: Marco Consolo