Intervista ad Antonio Mazzeo a cura di Mimmo Cosentino. Mazzeo, è reduce dall’esperienza vissuta con la Flotilla Handala, quando fu sequestrato insieme all’equipaggio e all’imbarcazione dai soldati israeliani, in acque internazionali, per impedire l’arrivo a Gaza e la consegna di viveri e medicinali al martoriato popolo gazawi
Antonio Mazzeo è da moltissimi anni impegnato nella ricerca sulla militarizzazione nelle scuole, nell’università e nella società, ed è un attivista riconosciuto per il contrasto alle strutture di guerra siciliane, da Sigonella a Niscemi, da Augusta a Birgi. Va inoltre ricordato il suo apporto alla lotta contro il Ponte sullo Stretto e contro il diffondersi dell’economia mafiosa nella provincia di Messina. Tra i suoi scritti segnaliamo: I paladini del Ponte; il MUOSTRO di Niscemi; La scuola va alla guerra; Petrolmafie.
Domanda: Il violento sequestro di Handala, dopo quello che a giugno ha colpito la Freedom Flotilla Madleen, ha suscitato grandissima indignazione e una vasta risposta nelle piazze. Pensi che succederà la stessa cosa con la Global Sumud? Cosa può succedere a fronte di questa sfida simbolicamente globale, che ha coinvolto decine e decine di imbarcazioni, centinaia di volontari a mare, e migliaia di sostenitori nel supporto di terra? Una sfida non violenta, con navi civili, che trasportano aiuti umanitari a una popolazione affamata e senza casa. Sicuramente è forte la preoccupazione nei governi europei ed è palese il nervosismo del governo di Israele, che ha già prodotto danni a due imbarcazioni. Mai come in questo momento Israele è in difficoltà nell’opinione pubblica mondiale.
Mazzeo: Le tue domande testimoniano la complessità del contesto. Un’operazione del genere non si è mai verificata nella storia e una mobilitazione con una tensione mondiale come questa veramente era impensabile neanche qualche settimana fa. Per questo di fronte a questa pressione popolare, anche al suo impatto sull’immaginario collettivo, confidiamo che Israele faccia un passo indietro e consenta o parzialmente o totalmente l’ingresso della Global Sumud Flotilla nella striscia di Gaza. Questa è una ottimistica speranza, ma è più probabile un esito molto negativo. Conosciamo la determinazione cinica con cui Israele porta avanti il genocidio, organizza stragi, viola le più elementari norme del diritto internazionale. I due attentati che sono stati effettuati in acque territoriali tunisine contro le navi della Flotilla, dopo gli assalti impuniti nell’ultimo anno in acque internazionali, sono la ripetizione di quanto è accaduto 12 anni fa con l’assalto armato e la strage di 10 attivisti. Dobbiamo prepararci a tutto. Perciò sarà fondamentale moltiplicare ovunque azioni di sostegno. La Sumud Flotilla è uno strumento che vuole attivare l’attenzione a tutti i livelli, internazionale, istituzionale e nel conflitto sociale di piazza. I volontari rischiano la vita mettendo a disposizione i loro corpi e sono decisivi per fermare il genocidio e le deportazioni, perché costringono i governi a prendere posizione, ad agire… Occorre tempestività, perché il governo israeliano ha deciso di eliminare qualsiasi presenza palestinese all’interno di Gaza. Siamo ad un tornante ulteriore contro il popolo palestinese: si sta procedendo all’ annessione da parte israeliana della Cisgiordania, crimine che avviene con la complicità e il supporto degli USA. Proprio oggi Rubio, incontrandosi con Netanyahu, ha discusso le modalità e l’entità i questo passaggio.
Domanda: Di fronte alla storia dell’umanità, quale messaggio ci viene trasmesso?
Mazzeo: Questa situazione ci pone un doppio ordine di problemi. Il genocidio e la deportazione del popolo palestinese ci riportano ai crimini del nazifascismo prima e nel corso della seconda guerra mondiale, ma con un rovesciamento dei ruoli. Gli ebrei non sono più vittime, ma lo Stato ebraico, la maggioranza della popolazione israeliana, con i coloni in prima fila e quasi tutto il sistema politico hanno indossato le vesti dei nuovi nazifascisti. Quanto agli USA, le responsabilità non sono solo di Trump e dei repubblicani, ma anche dei Democratici, che sono sensibili solo al tema dei diritti civili, e che sul versante del riarmo e del rischio di una deflagrazione bellica mondiale portano le maggiori responsabilità.
Domanda: È credibile l’obiettivo dei “due popoli due stati?”
Mazzeo: Siamo realmente alla conclusione della prima parte del disegno della Grande Israele. La soluzione finale è la totale occupazione di un territorio, che non è solo il territorio che va dal mare al Giordano. Molto probabilmente nell’intenzione delle classi dirigenti israeliane, e di grande parte del mondo ebraico, che si ispira al sionismo, in particolar modo di quello inserito nei gangli decisivi dell’economia e dei media internazionali, c’è la volontà di realizzare una grande Israele che aspira a inglobare i territori bagnati dal Tigri e dall’Eufrate. Ciò significa che, chiusa, entro il 7 ottobre del 2025, l’operazione Carro di Gedeone 2 con la deportazione manu militari di 2 milioni di persone, partirà immediatamente l’annessione della Cisgiordania. I nuovi piani di insediamento a Gerusalemme est chiuderanno qualsiasi continuità territoriale tra la fascia nord e la fascia sud della West Bank e questo accelererà progressivamente la consegna delle armi ai coloni. Dobbiamo prepararci già nelle prossime settimane alla “pulizia” di tutto il territorio della Palestina dalla presenza palestinese. Prevedo anche una terza e una quarta fase. La terza fase è quella di puntare a un’ulteriore estensione della presenza israeliana in un’area molto più ampia: Il Sinai e il Golan, dove già negli ultimi mesi Israele ha rafforzato la propria presenza e poi la balcanizzazione della Siria.
Ovviamente la soluzione “due popoli due stati” su cui ci siamo mobilitati fino agli accordi di Oslo non sta in piedi. Basta guardare alla carta geografica e a quello che è successo negli ultimi 10 anni: è stato creato un modello simile a quello sudafricano di Bandustan, con la rottura di qualsiasi continuità territoriale tra una zona e l’altra e un processo continuo di occupazione. I recenti programmi prevedono lo sradicamento di migliaia e migliaia di alberi di ulivo. Ovviamente questo slogan sta diventando l’alibi per molte forze politiche nazionali, per molti governi e per le istituzioni internazionali, a cominciare dalla coalizione che sostiene la Von der Leyen, per coprire ipocritamente le proprie responsabilità e i rapporti di cooperazione con Israele, e per accettare e legittimare il disegno terrorista e genocida della Grande Israele.
Domanda: Le tue parole sollecitano una riflessione sul Mar Mediterraneo: da tempo è uno spazio strategico, da tutti i punti di vista, per le relazioni tra l’Europa e l’Africa, ma anche con i paesi del Medio Oriente, per gli scambi commerciali, per la questione migranti, e per quello che sta avvenendo negli ultimi mesi in Sicilia. Qui vengono potenziate le basi militari e addirittura è Trapani Birgi che viene scelta per l’addestramento all’uso degli F35. Il Mediterraneo è pieno di navi della NATO, ma troviamo anche le navi militari russe e turche. Nel fondale del Mediterraneo, oltre alle infrastrutture per le forniture energetiche, troviamo tutte le strumentazioni di navigazione informatica, le strutture della comunicazione mondiale. Uno spazio in cui si possono determinare situazioni di crisi in qualsiasi momento Come vedi il fatto che in realtà si discute poco di questo, cioè non c’è molta attenzione almeno dal punto di vista politico, quasi una rimozione?
Mazzeo: È vero che di questo se ne parla poco, perlomeno nelle istituzioni (a parte la propaganda sul Piano Mattei), nelle aule del Parlamento, non ne parlano i media mainstream, però di contro ne parla chi si interessa di geostrategia , gli analisti militari, le forze armate italiane e dei paesi che si affacciano in questo bacino e anche di paesi che non sono nell’area mediterranea, (ma che sanno benissimo che buona parte dei transiti dei prodotti petroliferi e dunque dell’energia fossile, delle reti di cablaggio, passano da questa parte.) C’è una accelerazione sui processi di riarmo e di militarizzazione in quest’area finalizzati al controllo. La presenza militare israeliana c’è come mai prima: signora assoluta del Mediterraneo orientale. La totale disattenzione da parte di chi invece dovrebbe governare la politica è purtroppo, una spinta per i gruppi finanziari, complessi militari, industriali e statali. Così si potenzia il rischio che diventi anche zona di conflitti. Ricordiamo la Libia, un paese che non conosce un solo giorno di pace dai bombardamenti partiti, tra l’altro dalle basi siciliane nel 2011. Una lettura superficiale di tutto ciò può portare alla conclusione che di fronte a un gioco di potenze, a parte la risposta etica o emotiva, non c’è niente da fare.
Domanda: Pensi che l’esempio della Flotilla sul versante della solidarietà alla Palestina e del no alla guerra, ma anche le azioni di protesta dei portuali di Genova (che hanno impedito lo scarico di armi), o dei giovani a Pisa (che hanno bloccato il traffico ferroviario), la grandissima partecipazione in moltissime piazze, possano rappresentare un segnale che va al di là del dato etico, un’alternativa a questo disordine mondiale? Da una parte c’è l’UE che si arma per fare la guerra alla Russia, dall’altra c’è il fascismo di Trump. La risposta popolare delle manifestazioni di piazza, e quella fortemente politica e simbolica della Flotilla bastano per l’alternativa e per non arrendersi alla catastrofe?
Mazzeo: Si Penso che anche la spinta data dalla Freedom Flotilla, dalla Global Sumud Flotilla, le azioni dirette, le occupazioni delle università, i blocchi dei cancelli dei portuali della logistica sono importantissimi. Spero presto nella forza delle azioni di sciopero, di riappropriazione della classe lavoratrice di uno strumento storico di lotta. Io credo che queste siano le risposte che indicano non soltanto un disagio, un bisogno di testimonianza, un bisogno di solidarietà. Credo nella centralità di queste pratiche, soprattutto per il fatto che ormai investono miliardi di persone, non guardiamo soltanto all’Italia, non guardiamo soltanto all’Europa. In questo momento sulla Palestina ci sono gli occhi di miliardi di persone. Miliardi di persone stanno scendendo in piazza anche contro i governi, i loro governi, che magari dicono no al genocidio, ma che di fatto poi (penso particolarmente le petrolmonarchie arabe), stanno sostenendo il genocidio di Israele. Ecco, questi sono significativi segnali che ripeto, non riguardano soltanto il nostro paese, l’Italia. Il martirio del popolo palestinese ha riattivato i circuiti della politica, che lasciano veramente presagire la possibilità di una grande stagione di lotta e anche di una rivitalizzazione di una sinistra ormai asfittica che ha perso la capacità di conflittualità. Sicuramente nelle piazze italiane finalmente siamo tornati a vedere i giovani; ci siamo lamentati per 20 -25 anni: dove sono i giovani? Abbiamo perso i giovani. I giovani oggi ci sono e hanno assunto anche un ruolo da protagonisti. Io penso che la maggioranza dei ragazzi a bordo, cioè delle unità a bordo, erano giovani e giovanissimi. Ecco, sono segnali estremamente importanti e quello che credo che vada fatto ora è cercare di dare maggiore forza, maggiore consistenza. maggiore capacità di collegamento, di messa in rete di tutte queste soggettività che veramente possono rivitalizzare la sinistra, rivitalizzare le capacità di lotta e di opposizione al modello unico che c’è stato imposto. Credo che possano essere veramente un elemento fondamentale di trasformazione sociale e anche intanto di blocco di processi di guerra che oggi riguardano il popolo palestinese, ma che domani riguarderanno assolutamente tutte/i..
Domanda: Sono state già lanciate delle date in un calendario ricchissimo, ma due sono le date a cui guardare con attenzione: lo sciopero del 22 settembre proclamato da USB e la manifestazione nazionale del 4 Ottobre
Mazzeo: Speriamo che da qui al 22 si moltiplichino, da parte di tutti, i preparativi per una grande adesione allo sciopero. In Sicilia ho visto che alcune categorie, per esempio la Fiom di Messina, si sono pronunciate perché il sindacato prenda per mano questa battaglia in maniera diretta e non in maniera, come dire, episodica. Mi auguro che il quattro ottobre vi sia una unica, unitaria, grande manifestazione nazionale. Questo richiede però da parte di tutti capacità di ascolto, io anche su questo sono ottimista, perché io credo che quest’anno non sia passato invano, che quest’anno la gente abbia avuto il tempo di elaborare tutto, di rendersi conto degli errori commessi e penso anche che queste azioni dal basso, questa spinta popolare, la sfida della Flotilla abbiano contribuito ad abbassare la tensione tra le parti e credo, sono profondamente ottimista, che si possa arrivare a una grande manifestazione unitaria il 4 ottobre, la prima manifestazione unitaria per la Palestina e contro la guerra. Siamo l’unico paese dell’Europa occidentale in cui non siamo stati capaci di portare in piazza la massa enorme che in questo paese si esprime contro il genocidio del popolo palestinese. Sono ottimista anche sul 22 settembre che però dobbiamo ritenere un momento di partenza, soprattutto perché finalmente in Italia si ponga il problema della relazione tra guerra, pace e lavoro che è stata sempre il riferimento ideale della sinistra. Da Catania a Genova, dalla Puglia alla Toscana i territori hanno prodotto conflitto pacifista e piattaforme sociali antibelliche e antiliberiste. Ecco, quelli sono direzioni, simboli che dimostrano da una parte il risultato di un processo unitario, dall’altra parte sono anche un’indicazione su come costruire dal basso in tutto il paese un movimento contro la guerra e di solidarietà
Il salto di qualità necessario è spiegare quanto quel genocidio è legato alle modalità con cui si gestisce la cosa pubblica, il ruolo del complesso militare industriale e finanziario, i grossi gruppi economici, i veri potentati del nostro paese che poi sono quelli che governano le sfere del potere, quelli che controllano e fanno le grandi scelte, imponendo i tagli drastici alle spese sociali, quanto quel potere è corresponsabile del genocidio Il riarmo europeo, non solo da ora sta assumendo le forme della preparazione di una guerra contro la Russia, è terribile perché è una prospettiva a breve termine, non a lungo termine, è una prospettiva a brevissimo termine. Bisogna allargare la moltitudine contro la guerra, cioè questa enorme massa di persone indipendentemente dalle condizioni sociali, economiche, il livello e il grado di istruzione, che sente il bisogno di riappropriarsi della politica, di riappropriarsi della piazza. Ecco, il processo che va fatto è, come potrei dire, di formazione politica. Questo riguarda anche, attenzione, non le moltitudini, riguarda anche i quadri, perché purtroppo abbiamo pagato in questi anni in una enorme carenza nella formazione politica. Se saremo capaci a questa moltitudine di spiegare quanto il genocidio palestinese è legato al capitale finanziario che governa in Occidente, che governa a Washington, che governa a Roma, che ci impone la cancellazione del welfare, che ci impone la riconversione a uso militare di qualsiasi infrastruttura logistica come pure trasportistica. Se avremmo questa capacità, io credo anche rispetto alla tua domanda, che abbiamo fatto un enorme passo avanti per la costruzione di un grande movimento transnazionale che può portare realmente a uno stravolgimento anche nei rapporti di forza tra capitale e lavoro.