Si sono svolte la scorsa settimana le assemblee pubbliche per i frontalieri nelle province di Como, Varese, Sondrio e Verbano-Cusio-Ossola, organizzate dai Consigli sindacali interregionali Ticino–Lombardia–Piemonte e Sondrio–Grigioni, che riuniscono sotto un’unica sigla le rappresentanze dei frontalieri di OCST, SYNA, USS, CGIL, CISL e UIL. Il piatto forte erano le novità relative alla cosiddetta “tassa sulla salute”, un prelievo finanziario introdotto dal Governo all’interno della Legge di Bilancio 2024.
Le novità , a dire il vero, sono state veramente poche (e questo non è necessariamente un male); l’incontro previsto il 28 ottobre in Regione Lombardia con l’assessore Sertori è infatti stato fatto saltare dalla Regione, e nei precedenti non ci sono stati significativi progressi.
Per capire meglio cosa sta dietro a questa “tassa sulla salute” è bene fare un passo indietro e ricordare i cambiamenti avvenuti per i lavoratori frontalieri negli ultimi anni.
Fino al 2023 chi lavorava in Svizzera ed era residente in Italia in un comune entro la fascia di confine dei 20 Km pagava esclusivamente le imposte alla fonte in Svizzera, senza fare la dichiarazione dei redditi in Italia, in base all’accordo tra i due Stati del 1974.  Il 40% del gettito fiscale dei frontalieri veniva poi restituito in Italia attraverso i ristorni ai Comuni di frontiera, che ben sanno quanto siano importanti questi ristorni per i loro bilanci (dal solo Canton Ticino nel 2024 sono stati versati ben 112 milioni di franchi!).
A partire dal 2024, invece, in base al nuovo Accordo firmato tra Italia e Svizzera il 20 dicembre 2020 e proclamato ufficialmente il 18 luglio 2023 dopo essere stato recepito dai rispettivi Parlamenti nazionali, i lavoratori frontalieri sono stati suddivisi in due categorie: i “vecchi” e i “nuovi”. Mentre per i vecchi frontalieri fiscali (che sono stati soggetti ad imposta in Svizzera tra il 31 dicembre 2018 e il 17 luglio 2023) l’imposizione fiscale rimane esclusiva in Svizzera e resta il meccanismo dei ristorni, per i nuovi entra in vigore un’imposizione concorrente, con l’obbligo di dichiarazione fiscale in Italia e la fine dei ristorni. Abbiamo sempre espresso forte contrarietà a questa suddivisione dei lavoratori, messi in concorrenza gli uni con gli altri e, alla prova dei fatti, più deboli nei confronti dei padroni.
Nel dicembre 2023 il Governo italiano ha poi inserito nella Legge di Bilancio 2024 la cosiddetta tassa sulla salute, a carico dei vecchi frontalieri fiscali. Questa consiste in un prelievo in una misura variabile tra il 3% e il 6% sul reddito netto annuo, con un importo minimo mensile di 30 euro e un massimo di 200 euro, per sostenere il servizio sanitario nazionale e in particolare quello di confine, con aumenti salariali per il personale sanitario delle regioni di confine. SpetterĂ poi alle Regioni stabilire la percentuale di prelievo e le modalitĂ .
I sindacati, giustamente, si sono subito opposti a questa norma, che Regione Lombardia continua a chiamare contributo e invece è a tutti gli effetti una vera e propria tassa. La tassa sulla salute presenta diversi principi di incostituzionalità :
- viola il trattato internazionale tra Italia e Svizzera, che prevede per i vecchi frontalieri un mantenimento delle condizioni fiscali precedenti, e una legge italiana non può essere in aperto contrasto con un accordo internazionale
- non rispetta il principio di divieto di doppia imposizione (per i nuovi frontalieri si tratta di imposizione concorrente, cosa ben diversa)
- viola l’art. 32 della Costituzione, che garantisce cure per tutti
Oltre a questo, la tassa sulla salute parte da un principio totalmente errato: quello che i vecchi frontalieri siano degli evasori e non contribuiscano alla fiscalitĂ italiana. I frontalieri, come detto, pagano le tasse in Svizzera e la Confederazione versa il 40% ai comuni di confine italiani (oltre che a Regioni, Province e ComunitĂ Montane); non dipende certo da loro il fatto che i ristorni delle loro imposte non vengano utilizzati per finanziare il servizio sanitario nazionale!
Inoltre, si pensa davvero che si fermerà l’emorragia di medici e infermieri verso la Svizzera con un piccolo aumento salariale? Il personale scappa in Svizzera, oltre che per migliori condizioni salariali (che resterebbero tali anche con gli eventuali aumenti), anche per condizioni lavorative che non sono minimamente paragonabili con le strutture italiane. Particolare non irrilevante, l’ulteriore prelievo finirebbe poi per impoverire il territorio di confine, con conseguenze dirette sui consumi e su tutta l’economia della zona.
Mentre Regione Piemonte ha già detto a più riprese di non aver nessuna intenzione di applicare la tassa sulla salute, Regione Lombardia tira dritta per la sua applicazione. Con un grandissimo problema: l’estrema difficoltà , quando non l’impossibilità , ad ottenere i dati salariati dei vecchi frontalieri. La Svizzera, infatti, non fornirà all’Italia i dati, e Regione Lombardia non ha ancora trovato un modo per averli. Non per nulla la tassa non è ancora stata messa in pratica, e si sente parlare molto genericamente di un’auto certificazione che dovrebbero produrre i lavoratori. L’unica cosa che sono riusciti a fare è stato raddoppiare le sanzioni in caso di mancato pagamento; cosa che fa molto sorridere, visto che al momento non esiste un modo di pagarla.
A livello nazionale il fenomeno del frontalierato è poco conosciuto e i frontalieri sono spesso oggetto di attacco, oltre che dai leghisti e dai razzisti oltreconfine, anche da tanti connazionali che vedono solamente l’aspetto economico ma non considerano tanti elementi negativi del lavoro in Svizzera (come, ad esempio, le grandi distanze per recarsi al lavoro, il licenziamento totalmente libero, la Naspi, l’impossibilità di portare a detrazione qualunque spesa). Sarebbe davvero folle questo ulteriore prelievo che, oltretutto, non risolverebbe nulla.
Restiamo in attesa di nuovi sviluppi, nella speranza che la tassa sulla salute resterĂ soltanto sulla carta oppure che verrĂ definitivamente cancellata; in caso contrario, partiranno i ricorsi per incostituzionalitĂ .