Concordo con chi ha scritto nei giorni scorsi che le reazioni all’inchiesta di Milano sono una cartina di tornasole per decifrare la politica italiana, più precisamente per capire da che parte stanno i partiti dell’alternanza. Come abbiamo visto non c’è stata alcuna sostanziale presa di distanza o dissociazione da parte delle forze che siedono in Consiglio Comunale dal modello di sviluppo della città e neanche più di tanto, al di là di qualche siparietto per fare gioco politico, dall’operato del sindaco manager Sala che infatti rimane al suo posto. Si va avanti dopo aver pattuito le dimissioni di un assessore come se non ci fosse un problema di degenerazione di un intero sistema che sta dietro l’edificazione, la logica arbitraria che ne governa le linee di sviluppo.
Ho ben presente le battaglie fatte in prima persona come Rifondazione Comunista in Consiglio regionale dalla seconda metà degli anni ’90 contro questa degenerazione. Dalla Lombardia e da Milano è partita la new wave dell’urbanistica italiana (è stato così anche per la sanità) che ha messo nel mirino ogni forma di pianificazione all’insegna di tutta una serie di parole d’ordine tratte dal glossario neoliberista: sussidiarietà, flessibilità, semplificazione. Detto in una parola: deregulation. Parole d’ordine che dopo essere state sbandierate della destra sono state via via in gran parte assunte dal centrosinistra. In base a questo indirizzo le città non sono più regolate da un disegno unitario ma diventano la somma di progetti presentati e attuati di volta in volta da grandi gruppi affaristici privati con un impatto sempre più violento in termini di cementificazione, di distruzione dell’ambiente sociale, di diseguaglianze, di costi altissimi per la comunità. Progetti affrontati e attuati con riunioni tra amministratori, funzionari, proprietari, investitori, progettisti senza troppo riguardo per il conflitto di interessi. Da qui il passo è breve per arrivare alla alterazione delle procedure di legittimità e trasparenza democratica.
Ecco, i partiti che sono parte del sistema dell’alternanza, non solo a Milano, ma in tante città hanno finito per assumere la linea di politica economica e edilizia dettata dal blocco di forze legate alla speculazione finanziaria e immobiliare nell’assenza di qualsiasi politica abitativa degna di questo nome. Prioritario, per questi partiti (e la grande stampa), è fare della città un luogo di attrazione di capitali, è la riorganizzazione delle città come luoghi del massimo profitto e consumo, della espansione della rendita. E’ sintomatica la preoccupazione del Corriere della Sera: “L’inchiesta sulla gestione urbanistica frena a Milano il settore immobiliare che in dieci anni, da Expo 2015, ha raccolto investimenti per circa 35 miliardi di euro. Sono circa 150 i cantieri bloccati. Progetti per migliaia di metri quadrati che, se dovessero restare soltanto sulla carta, rischiano di frenare la rigenerazione urbana del capoluogo lombardo. Secondo uno studio di Scenari Immobiliari, sarebbero a rischio dodici miliardi di potenziali investimenti a cui si aggiungono altri 26 miliardi di euro di ricadute sul sistema economico milanese”. Più chiaro di così!
Sul piano politico abbiamo visto le manifestazioni di “solidarietà e vicinanza” della segretaria nazionale del Pd Schlein, il sostegno “assoluto” del capogruppo regionale Majorino (lui contrario persino alle dimissioni dell’assessore alla rigenerazione urbana Tancredi) e di tutto il Pd a Sala. Una vergogna. Così come è significativa la difesa d’ufficio della Presidente del consiglio Meloni e dagli esponenti di primo piano della destra nazionale. Una doppia vergogna. Più che una professione di garantismo una dimostrazione di ossequio al modello liberista di città capitalista. Un modello gestito con poche varianti politiche che è incompatibile con qualsiasi diritto alla città. Se si vuole affermare il diritto alla città per tutte e tutti diventa essenziale ritrovare a capacità di stare dentro le diverse forme del disagio sociale e della conflittualità urbana di contro a un sistema improntato in maniera biparstisan a fare gli interessi di una ristretta cerchia del denaro e del potere.