Ci siamo di nuovo: si avvicinano le elezioni e tornano i balloon d’essai populisti della Lega sulle pensioni: vengono annunciati due presunti benefici per i lavoratori dietro i quali però si nascondono altrettanti imbrogli. Il primo sarebbe la possibilità di andare in pensione utilizzando il tfr per raggiungere il montante contributivo necessario. Cioè, si tolgono soldi dei lavoratori da una parte per metterli dall’altra. Il secondo consisterebbe nell’esonero dei contributi del 9% a carico del lavoratore per chi decide di continuare a lavorare, pur avendo maturato i requisiti per la pensione. Certamente così si avrebbe uno stipendio netto più alto, ma, è qui la fregatura, una pensione futura più bassa.
Ma sono tutte le scelte sulle pensioni fatte da questo governo in due anni a svelare il carattere demagogico delle promesse fatte dalle destre, e dalla Lega di Salvini in particolare, ai fini del consenso elettorale.
Svanita la promessa fatta prima delle elezioni del 2022 di permettere a tutte e tutti di andare in pensione con 41 di contributi, è arrivata quota 103 legata però al passaggio al metodo contributivo che abbasserà l’assegno pensionistico a milioni di lavoratori.
“Opzione donna” ha mantenuto le criticità che aveva alla nascita e subito modifiche peggiorative. Il calcolo dell’importo resta interamente col metodo contributivo, nessun intervento sulla difficoltà per le donne di cumulare 35 anni di contributi a causa degli anni della vita trascorsi in lavori di cura, una forte decurtazione dell’assegno pensionistico (25-35%), attesa di 12 mesi prima di ricevere l’assegno.
Non basta. Con legge di bilancio per il 2023 è stata ristretta la platea delle aventi diritto consentendo l’accesso solo l’accesso alle lavoratrici caregiver, a quelle con invalidità di grado non inferiore al 74% oppure licenziate o dipendenti da aziende in crisi e innalzando di un anno l’età anagrafica per maturare il diritto alla pensione.
Sono stati inaspriti i requisiti per la pensione anticipata contributiva a partire dal 1° gennaio 2024:
1) è stato innalzato l’importo soglia da maturare per il diritto alla pensione portandolo a 3 volte (2,8 per le donne) l’assegno sociale ( 538 x 3 = 1603 euro lordi mensili); un’odiosa discriminazione verso chi a causa dei bassi salari quell’importo non lo raggiunge nemmeno a 70 anni.
2) è stato utilizzato di nuovo l’ignobile meccanismo delle finestre, in questo caso ne stata introdotta una di 3 mesi, per dilazionare l’andata in pensione.
3) è stato agganciato anche il requisito contributivo dei 20 anni all’aspettativa di vita pianificando così un suo allungamento negli anni.
E’ prevista la reintroduzione a partire dal 2027 dell’allungamento di 3 mesi dell’età per la pensione di vecchiaia in base all’aspettativa di vita: non basterebbero più 67 anni, ma 67 anni e 3 mesi. Si dice di voler sterilizzare questo aumento, ma è pronto l’imbroglio: si introdurrebbe una nuova finestra di uno o due mesi per arrivare ad avere l’assegno.
Continua con le destre il furto sulle pensioni per fare cassa. La mancata rivalutazione in base all’inflazione degli assegni superiori a 4 volte la minima (circa 2000 euro lordi) sta sottraendo ai lavoratori interessati decine di miliardi.
Sempre in ossequio al meccanismo perverso e ingiusto dell’aspettativa di vita sono stati ridotti i coefficienti utilizzati per la trasformazione del montante contributivo in assegno pensionistico, col risultato di una riduzione dell’assegno.
Con le finanziarie del 24 e del 25 è stato drasticamente ridotta l’aliquota di rendimento della quota retributiva maturata dai dipendenti pubblici con meno di 15 anni di servizio prima del 1995, circa 700 mila lavoratrici e lavoratori che da qui al 2043, secondo stime Cgil, subiranno un salasso di circa 33 miliardi.
Tutto conferma che dietro le sparate demagogiche della Lega restano in piedi tutti i meccanismi definiti dalla Fornero per allungare la vita lavorativa fino e oltre i 70 anni per tutti come l’allontanamento dell’età pensionabile in base all’aspettativa di vita, l’aumento dei coefficienti di trasformazione con l’avanzare dell’età lavorativa.
Tutte le scelte di Salvini e soci, prima fra tutte il mantenimento del sistema contributivo in un contesto di salari da fame e carriere lavorative discontinue, che dunque avranno pensioni da fame, confermano l’impostazione neoliberista che ha come obiettivo l’eliminazione progressiva del sistema pensionistico pubblico a vantaggio della finanza privata.