Saverio Ferrari, ricercatore storico e saggista, fondatore dell’Osservatorio democratico sulle nuove destre
L’ex deputato missino Giulio Caradonna il 26 ottobre del 1994 rivelò in un’intervista al settimanale «L’Europeo» che nel 1980 l’allora segretario dell’Msi Giorgio Almirante avesse chiesto a Licio Gelli un finanziamento. Queste le sue parole: «Un anno prima che scoppiasse la caciara sulla P2 Almirante mi aveva chiesto di fissargli un appuntamento con Gelli» per chiedergli «una mano». I due, sempre secondo Caradonna, si erano incontrati nella stanza 126 dell’Hotel Excelsior di Roma.
«Quando è scoppiato lo scandalo P2» – affermò ancora Caradonna – «mi sono rivolto ad Almirante e gli ho ricordato che era stato lui a chiedermi di fargli conoscere Gelli. Lui mi scongiurò di non dirlo a nessuno promettendomi che il mio problema dentro al Msi sarebbe stato risolto». Il problema di Caradonna era che il suo nome era stato trovato negli elenchi dei piduisti (tessera 2192) a Castiglion Fibocchi nel corso delle perquisizioni disposte, il 17 marzo 1981, dai giudici istruttori Gherardo Colombo e Giuliano Turone nell’ambito dell’inchiesta sul presunto rapimento di Michele Sindona.
Tempo dopo la morte di Almirante (22 maggio 1988), è sempre Giulio Caradonna a dirlo, in un incontro ad Arezzo con lo stesso Gelli seppe che «Almirante gli aveva chiesto dei soldi».
Giulio Caradonna, deputato dell’Msi per ben otto legislature, tra il 1958 e il 1994, da giovanissimo nella Rsi, era stata una figura di primo piano nel neofascismo romano, guidando tra l’altro, il 16 marzo 1968, proprio con lo stesso Almirante, la spedizione di 200 militanti missini per sgomberare l’Università La Sapienza occupata dagli studenti. Finì male, con gli squadristi circondati e respinti.
Il racconto di Giulio Caradonna fu confermato, poche ore dopo l’uscita di alcune anticipazioni sull’«Ansa», da un altro ex parlamentare dell’Msi, Giorgio Pisanò, a sua volta combattente nella Rsi, per altro successivamente membro della Commissione parlamentare sulla P2, che a «l’Unità», sempre il 26 ottobre 1994, rivelò che «il numero riservato di Almirante si trovava nell’agenda di Licio Gelli» e che Almirante stesso gli disse che «Gelli aveva fatto da intermediario per ottenere al partito un miliardo da un massone di Perugia. Lo sapevano in tanti».
A seguito di un esposto, il 28 ottobre 1994, da parte del senatore Verde Maurizio Pieroni, motivata dall’intervista di Caradonna a «L’Europeo» in cui il settimanale affermava tra l’altro che l’incontro con Almirante fosse stato ammesso dallo stesso Gelli, la Procura di Milano aprì un’inchiesta su presunti finanziamenti illeciti all’Msi. Passati pochi giorni gli atti furono trasferiti, già nel gennaio successivo, alla Procura presso la pretura della Capitale.
Nel febbraio del 1995 fu anche interrogato Licio Gelli, ma l’8 gennaio dell’anno successivo il procedimento fu archiviato dal gip Eugenio Bettiol con la motivazione che le presunte irregolarità risalivano a un’epoca, prima del dicembre 1981, in cui la legge sul finanziamento pubblico dei partiti non era ancora in vigore. Non proprio nulla, comunque, dato che nel corso delle indagini fu accertato dal pm Maria Monteleone che in effetti Almirante aveva ricevuto tramite Licio Gelli un miliardo di lire, fatto testimoniato anche dall’ex senatore Giorgio Pisanò, e che lo stesso segretario dell’Msi aveva goduto anche di altri finanziamenti da altre logge massoniche. Una storia dimenticata, quella dei rapporti tra l’Msi e la Loggia P2, dove ai vertici insieme a Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato, sedeva anche il senatore missino Mario Tedeschi. Responsabili, tutti, come da sentenze passate in giudicato, in quanto mandanti, della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.