“Un’altra scuola, un altro mondo”: la generazione che rifiuta l’elmetto

Il 14 novembre sarà sciopero studentesco!

È trascorso poco più di un mese dal grande sciopero generale e gli studenti e le studentesse, che in quelle piazze si erano manifestati in maniera dirompente, lo avevano promesso che non avrebbero gettato la spugna e che la mobilitazione sarebbe andata avanti fino “a quando sarà necessario”. E così è stato. Tante le scuole e le università occupate; l’onda lunga della protesta si è estesa nonostante i tentativi di repressione, le azioni di censura, le circolari per intimare lo sgombero degli edifici scolastici e le aggressioni da parte di fascistelli che hanno pensato di avere finalmente mano libera.

La data del 14 novembre non è casuale: lo sciopero indetto dall’Unione degli studenti e da Fridays for Future cade alla vigilia della giornata internazionale dello studente e a ridosso dell’inizio della COP0: mira a saldare il diritto allo studio e il diritto al futuro. Lo slogan scelto ne esprime pienamente la convergenza “UN’ALTRA SCUOLA, UN ALTRO MONDO È POSSIBILE”. Le rivendicazioni contenute nella piattaforma sono chiarissime e contengono la condanna ad un’idea di scuola autoritaria e prona agli interessi del mercato e della propaganda governativa che esige giovani disponibili a farsi sfruttare, menti alienate e acritiche pronte a dare un silenzioso assenso anche alla guerra. Nel mirino ci sono le nuove linee guida per l’educazione alla cittadinanza, la riforma dell’esame di maturità e del voto di condotta, l’alternanza scuola lavoro ma soprattutto le inadeguate risorse che la finanziaria destina alla scuola e all’Università: si finanziano il folle piano di riarmo, le scuole paritarie e il settore privato, mentre vengono sottratte risorse alle necessità primarie, come ad esempio la messa in sicurezza della fatiscente edilizia scolastica e destinate. Un sistema guerra che disegna per queste giovani generazioni un futuro fatto di precarietà, disastro climatico e ambientale, disuguaglianze e sfruttamento. Studenti e studentesse dicono no ad ogni complicità con il genocidio in Palestina ma anche ad ogni forma di militarizzazione della scuola, alla repressione del dissenso e alla censura istituzionale in qualsiasi forma essa si manifesti. Mandano un avviso di sfratto a Valditara che con i suoi dispacci sottoscrive la torsione autoritaria, razzista e antidemocratica della scuola. E assieme al mondo universitario chiedono borse di studio, alloggi per fuorisede, mense e trasporti gratuiti, esigono giustizia ambientale, rafforzamento della rappresentanza studentesca e un processo formativo inclusivo e rispettoso di tutte le diversità.

Una critica a tutto tondo insomma che appare prima di tutto una presa d’atto dei danni che decenni di controriforme del mondo della scuola hanno generato. Questi giovani e giovanissimi che il 14 torneranno in piazza sono la generazione che ha fatto il suo ingresso in un sistema scolastico già massacrato e deformato, privato della missione che la Costituzione gli ha affidato. Hanno conosciuto e frequentato un modello di scuola già asservito alle logiche del mercato, una scuola ridotta a progettificio con saperi frammentati, competitiva, addestrativa e profondamente classista. Quando sono entrati a scuola, l’alternanza scuola lavoro, i test INVALSI, i piani di orientamento, il vergognoso Curriculum dello studente erano già lì, impacchettati e rodati da anni. Si sono iscritti ad una scuola che tassello dopo tassello aveva già cambiato volto e perso le conquiste ottenute nel tempo; solo chi ha gli anni per confrontare il prima e il dopo può riconoscerne lo sfregio subito. Ma le ragazze e i ragazzi di oggi ne denunciano le conseguenze che pagano sulla propria pelle e alzano la testa determinati a riprendersi in mano il proprio futuro. Sanno che questo è possibile, assieme. E il clima repressivo e la virata autoritaria di un governo che li vuole allineati e già con l’elmetto in testa ha fatto comprendere a questi giovani di non essere tasti di un pianoforte che lorsignori possono schiacciare per suonare la musica che a loro più piace.